La rete No Basi ne’ qui ne’ altrove si è data un nuovo appuntamento il 27 febbraio per una passeggiata lungo il contorno dell’aeroporto militare di Decimomannu. L’aeroporto sta vivendo un momento di forte crisi: dal 1957 la struttura è parte AWTI (Air Weapons Training Installation), un’infrastruttura dedicata all’addestramento con vari sistemi d’armamento aria-aria e aria-superficie. Al progetto nel corso degli anni hanno partecipato gli eserciti di Canada, USA, Gran Bretagna e Germania, partecipando economicamente alle spese assieme all’aeronautica militare italiana. Nei periodi di esercitazioni più intensive, legate ad importanti conflitti (guerra nei Balcani, prima guerra del Golfo), si contò una media di circa 60.000 movimenti annui, pari a circa 450 giornalieri. L’aviazione militare israeliana si è addestrata qui dal 2003 al 2013, partecipando a quasi tutte le esercitazioni aeree internazionali (Spring Flag, Star Vega e Starex) svoltesi nella base persino dopo le stragi in Libano (2006) e a Gaza (2009, Operazione Piombo Fuso). Nel 2011 partirono da Decimomannu gli aerei delle forze NATO e non (come gli Emirati Arabi) che parteciparono ai sanguinosi bombardamenti in Libia. La base è stata inoltre teatro di una serie impressionante di incidenti aerei mortali: 68 aerei precipitati e 19 piloti morti dal 1956 ad oggi. Le attività della base hanno provocato un disastroso inquinamento delle aree agricole circostanti. Le perdite delle tubature e il continuo sversamento di cherosene hanno compromesso le falde acquifere a tal punto da interdirne qualunque utilizzo. Per queste ragioni, a cui si aggiunge un insopportabile inquinamento acustico, una parte della popolazione di Decimomannu e dei paesi nelle vicinanze, negli ultimi vent’anni, poco per volta, ha preso coscienza di ciò che vuol dire vivere con un aeroporto militare di fianco a casa. Ora forse potrebbe arrivare il momento di liberarci di questa terribile presenza
Uno dopo l’altro i partner stranieri si sono defilati e dal 1998 sono rimasti solo italiani e tedeschi, partecipando ciascuno alle spese per il 50%. Dallo scorso anno voci insistenti davano anche la Luftwaffe in partenza, cosa annunciata infine in forma ufficiale il 25 gennaio scorso, in quanto i tedeschi non intendono rinnovare l’accordo bilaterale di durata triennale firmato nel 2013 e ormai in scadenza. Le motivazioni ufficiali della dipartita sono state il fatto che la Regione Sardegna ha preteso il restringimento del periodo delle esercitazioni per preservare la stagione estiva da giugno a settembre compresi, le polemiche seguite ad un grosso incendio causato dai piloti tedeschi in esercitazione nel poligono di Capo Frasca (che è il luogo in cui i jet in partenza da Decimomannu vanno a lanciare le loro bombe) ed il fatto che tutte le ultime grandi esercitazioni multinazionali sono state ostacolate dai movimenti di protesta, il che ha portato nel 2014 alla cancellazione della esercitazione VEGA e nel 2015 alla cancellazione della STAREX ed allo spostamento delle attività a fuoco della Trident Juncture su Trapani.
Ben difficilmente lo stato Italiano si farà carico da solo dei costi della struttura, visto che aeroporti di questo genere richiedono un continuo investimento per l’aggiornamento delle tecnologie. L’aeroporto di Decimomannu è un nodo cruciale dell’intera architettura dei poligoni militari sardi, ed in particolare è legato al Poligono Interforze del Salto di Quirra (dove ci si addestra alla guerra missilistica) ed al Poligono di Capo Frasca, vera e propria propaggine di Decimomannu in quanto luogo deputato a fare da bersaglio per gli aerei in esercitazione. E’ difficile immaginare cosa significa una esercitazione a fuoco di aerei da combattimento per chi non l’ha mai vista: solo in termini di boati di motori e di esplosioni è qualcosa di terrificante. Ma è terrificante anche lo scenario che si presenta dopo le esercitazioni e ancora una volta si prospetta il solito vecchio copione di chi ha distrutto fino a quando gli è convenuto e poi se ne va lasciando l’onere di un disastro irrisolto sulle spalle delle popolazioni locali e delle generazioni a venire…
Guido Coraddu
segue il testo del manifesto di indizione della manifestazione del 27/02
Luftwaffe Raus
La Luftwaffe (Aeronautica Militare tedesca) è stufa, vuole lasciare la Sardegna. È da un anno che ormai lo annuncia mettendo in subbuglio il Ministero della difesa italiana, che tanto contava su di loro per il mantenimento e la gestione dell’aeroporto militare di Decimomannu e del poligono di Capo Frasca. Non vede le ragioni per cui deve spender tanto per lavorare solo otto mesi all’anno; le attività militari necessitano di strutture efficienti, funzionali e permanentemente attive, non sono un gioco e tanto meno enti di carità. Però vede bene e sente meglio che l’aria sta cambiando, i soldi del ministero italiano per il rinnovamento delle strutture sono sempre meno, il silenzio complice della popolazione non è più così silenzioso… un giorno in particolare, l’11 giugno 2015, dalle parti dell’aeroporto di Decimomannu si è sentito molto rumore. Insomma la Luftwaffe, insensibile al pietoso prostrarsi di persone, enti locali e ministeri che la pregano di non andarsene, potrebbe letteralmente fare armi e bagagli.
A leggere i giornali delle ultime settimane si annunciano scenari apocalittici: “La chiusura della base rappresenta la morte per questo territorio, ………Con la partenza dei tedeschi non rimarrà nulla…..” sono le parole del sindaco di Villasor; “L’eventuale chiusura della base metterà a rischio tutto il tessuto sociale del territorio e in difficoltà almeno cento famiglie per complessivi 2.000 lavoratori – ha tuonato il sindaco di Decimo – Si tratta di 80 milioni di euro di stipendi, con 80 ditte locali esterne che lavorano per la base, impiegando mille persone” (29 gen 2016 su SARDINIAPOST)
Zombie che parlano di morte e del nulla, sindaci che apertamente dichiarano che nel loro territorio esistono nuclei familiari con venti componenti attivi aventi un reddito tre volte superiore alla media regionale. Tra sceneggiate e improbabili balletti di numeri, a ben guardare, è una vera tragedia: vivere la vita a tinte mimetiche, inabili di immaginare un futuro senza ordini, divise, guerre e inquinamento. Senza leggere tra le righe le attività militari evidentemente non portano solo morte, distruzione e oppressione a chi le subisce, ma annullano anche ogni capacità di giudizio a chi le pratica, creano strutture e menti parassitarie, conducono alla morte sociale.
Ci piace credere che non sia ancora troppo tardi per liberare i nostri territori e le nostre menti dall’ingombrante presenza militare. Speriamo nel declino dell’aeroporto di Decimomannu e ci auspichiamo che veramente comporti la crisi del settore nonché la chiusura anche del poligono di Capo Frasca. Per raggiungere questo parziale obiettivo rinnoviamo l’invito di rendere inospitale il nostro territorio alle attività militari e all’economia di guerra, e contribuire a dare la spallata finale per chiudere quello sciagurato luogo di morte.
rete NoBasi NeQui NeAltrove